ALTO MEDIOEVO, i secoli bui


Lasciamo la tranquilla e protettiva epoca romana, quella della cosiddetta pax romana, epoca in cui il territorio sammarinese era cosparso da una nutrita schiera di insediamenti agricoli romani, frutto dei meccanismi della centuriazione, cioè della divisione ortogonale del territorio da destinarsi ad uso privato.

Con il crollo di Roma, le cose erano destinate a mutare radicalmente. Le invasioni barbariche contribuirono a minare la stabilità del tessuto sociale ed economico dell'Italia. Facilitarono cioè la transizione da una civiltà incentrata su concetti razionali e misuratrice, quale era quella romana, ad una disorganizzata e senza Stato. Non a caso l'arco di tempo intercorrente tra i primi anni del 500 e l'anno 1000 (all'incirca) passa sotto il nome di secoli bui (definizione non sempre felice), intesi come secoli in cui ogni forma di organizzazione statale, economica e sociale era ridotta al minimo.

"Una parola esce di frequente dalla penna di coloro che, all'alba del Medioevo, descrivono il paesaggio del vecchio Impero Romano d'Occidente: solitudini. Grandi spazi silenziosi, privi di abitanti, dove le foreste erano cresciute fuori di ogni misura e le acque si allargavano in laghi immensi..." "Presenze notturne incombevano sulla vita degli uomini, nelle tenebre, già a cominciare del crepuscolo..." "Così l'eremitismo fu la molla della ripresa: uomini e donne cominciarono ad abbandonare la società contestata, per poi ritornarvi carichi di una forza superiore." " É così che il lavoro degli eremiti e monaci, piccoli gruppi all'inizio, poi folte comunità, affronta un paesaggio caduto nei secoli dall'abbandono. intorno ai piccoli, numerosi monasteri dell'epoca si allargano progressivamente le terre coltivate, si costruiscono mulini, edifici rustici, si arginano fiumi e torrenti; e al di sopra svettano di nuovo le chiese."

É l'inizio della risurrezione dell'Europa; l'imbocco del sentiero verso la rinascita del XII! Le abili parole di Vito Fumagalli tratte da 'Paesaggi della paura' efficacemente aiutano a calarci nelle atmosfere oscure dell'Italia barbarica. Le frasi scelte aiutano a ripercorrere brevemente l'iter di 500 anni di storia. Dapprima il silenzio, la paura, la morte portata dalle genti del nord; poi il conseguente abbandono delle lande; s'instaura la paura di tutto; s'allontana la mentalità misuratrice dell'uomo di Roma; il rifugio in monasteri per sfuggire alla morte materiale e mentale. Da lì, col tempo, inizia la rinascita. Percorsi, questi, pienamente riscontrabili nella storia dell'Antica Repubblica.

L' Alto Medioevo fu periodo di elevata instabilità in molte aree dell' attività umana, specialmente quella politica. In una finestra di tempo relativamente breve si ribaltarono sovente i rapporti tra vinti e vincitori. In breve ecco quanto successe:

La situazione di 'idillio' non sarebbe durata oltre il 5° secolo. Già dal 4° secolo minacciose orde di barbari varcarono i confini dell'impero romano. Nel 400 fu la volta dell'Italia. Nel 403 Stilicone, generale barbaro (segno dei tempi!) dell'impero romano, si rifugia con l'imperatore in un piccolo insediamento ben difendibile in mezzo a paludi: è nata Ravenna! L'inesorabile marcia dei barbari si conclude nel 410 quando i Visigoti si impadroniscono di Roma, che fin dal giorno della bipartizione dell'impero attuata da Diocleziano, non ebbe più nessun ruolo politico. Nel 452 si registrò la calata di Attila, re degli Unni, in Italia con la conseguente distruzione di Aquileia. La temibile orda fu peraltro bloccata dall'intervento di Papa Leone Magno presso il fiume Mincio (a sud del lago di Garda). Comunque sia era l'inizio della fine: la città culla di Romolo e Remo era sotto controllo dei nemici di sempre! L'impero romano d'occidente, da tempo misto di popoli autoctoni e barbari, cessò definitivamente di esistere quando Odoacre, approfittando della scarsa potenza degli imperatori-fantocci, rovesciò Romolo Augustolo, restituendo le insegne del' impero a Costantinopoli. Correva l'anno 476.

Qualche anno dopo una nuova ondata di barbari, gli Ostrogoti, sconfissero Odoacre, dopo 4 anni di guerra (489-493) e proclamarono su tutta la penisola l' insediamento del loro regno. Teodorico, re, governò da Ravenna con maggiore saggezza dei suoi predecessori dal 493 al 526. Egli pose fine alla antecedente politica della tabula rasa, proponendo un'opera di ricostruzione del paese: rinasce l'agricoltura, si ricostruiscono le strade e si instaura un tendenziale clima di serenità sociale. Ricompare insomma un bagliore di organizzazione statale. Della presenza gota rimane l'importante reperimento a San Marino di un corredo funebre appartenente ad una nobildonna molto probabilmente risalente al 500, rinvenuto a Domagnano verso la fine dell'ottocento.

Fibula a forma d'aquila Orecchini di nobildonna

Ad un anno dalla morte di Teodorico compare sulla scena, Giustiniano, imperatore d'oriente dal 527 al 565, impegnato in una difficile riconquista dell'impero d'occidente. Nel 540 riconquista, da mani barbare, la città di Ravenna. Nel 555 gli ostrogoti capitolano. Nel 565, anno della sua morte, l'impero d'oriente era tornato in possesso dell'Italia, di Cartagine e parte della Spagna meridionale. Sicuramente fu una grande impresa. Anch'essa, come parecchie altre, durò solo per poco. La grande conseguente dispersione di energie e la comparsa di nuovi protagonisti nemici (Longobardi, Arabi, Slavi) di Costantinopoli determinarono un drastico ridimensionamento del loro territorio. In Italia, sotto la spinta Longobarda del 568, l'impero riesce tuttavia a conservare Ravenna, la valle del Tevere fino a Roma, Calabria, Puglia, Sicilia, e Liguria.

L'espansione longobarda procede speditamente: nel 572 si impossessano di Pavia e ne fanno la loro capitale. Poi è la volta dell'avanzata contemporanea lungo l'asse Piacenza - Modena e la conquista dell'attuale Toscana, con l'espugnazione di Lucca prima del 575 (anno di un tentativo di riconquista fallita da parte dei bizantini). Prosegue poi l'ondata giù verso il Lazio e l'Umbria, con la conseguente rottura della valle del Tevere, sorta di cordone ombelicale tra Marche e Roma. Nel 595 i bizantini riapriranno tale passaggio. Dalla penetrazione a sud nasceranno poi i ducati di Spoleto e Benevento. L'offensiva prosegue verso la fine del VI secolo verso la Romagna. Nel 580 Imola e Classe (Ravenna) sono occupate. Reperti archeologici rinvenuti a Rimini (crocetta aurea) della fine del VI, inizio VII permettono di fissare la venuta dei longobardi vicino alle terre del Titano. Finalmente sotto il regno di Astolfo (?-756) il regno longobardo si spinse oltre limiti mai raggiunti in precedenza. invasione dell'esarcato ravennate nel 751, con relativa fine della dominazione bizantina della città, ed invasione della Pentapoli (insieme di due province, una marittima e l'altra montana, appartenenti ai bizantini, comprendenti la Romagna, le Marche e l'Umbria).

Con l'avanzata dei longobardi, i Papi di Roma iniziavano a sentirsi stretti e minacciati da masse di pagani ariani; la loro stessa esistenza poteva infatti essere messa in dubbio. Non potevano contare sull'appoggio dell'imperatore d'oriente, il quale propugnava una politica religiosa totalmente diversa da quella della Chiesa romana. Emergeva pertanto l'urgenza di una nuova politica di alleanza difensiva. Con i Franchi furono strette proficue alleanze, poichè già dal 5° secolo, con la loro conversione al cristianesimo, essi assunsero la fama di difensori dell'ortodossia combattendo l'arianesimo. Perdippiù essi furono gli artefici, nel 732 a Poitiers, del blocco dell'invasione araba in Europa. Non a caso furono scelti allora dai Papi quali protettori.

Il doppio intervento militare dei Franchi, nel 754 e 756, contro i longobardi permise a Papa Stefano II di prendere possesso dei territori che vanno sotto il nome di Donazione Pipiniana. Questi sono l'Esarcato, la Pentapoli oltre alle terre già possedute in base alla donazione fatta dal re longobardo Liutprando a Papa Zaccaria nel 741 (Patrimonium Sancti Petri). La Pentapoli, insieme di due province, marittima e montana, comprendenti Romagna, Marche ed Umbria, erano sotto il dominio longobardo sin dal 752.

É in questa tempestosa aria di assestamenti geopolitici che si inserisce la travagliata ed in parte oscura storia della San Marino alto medievale. In questi anni la tradizione dello scrivere e documentare le gesta di personaggi scema considerevolmente. Da qui la difficoltà di tracciare saldi binari sui quali inserire le vicende sammarinesi. Dal passato ci giungono tuttavia una serie di manoscritti nei quali il riferimento alla terra del Santo Marino è evidente.

In ordine di tempo, il primo documento che ricorda il territorio sammarinese è il testo della Vita Severini del 511 scritta da un monaco dal nome di Eugippio. Il testo agiografico narra di un monaco, Bassus o Basilicii a seconda della versione, che avrebbe soggiornato nel monastero sul monte Titas. Il punto saliente del testo dice infatti:

"...qui quondam in Monasterio Montis cui vocabulum est Titas super Ariminum commoratus..."

Storici dell'800 affermavano che in quegli anni la comunità d San Marino era autonoma ed indipendente: una vera e propria comunità politica autonoma. Gli storici attuali invece sono molto più cauti. La visione dominante è che nel 511 ci fosse sì un monastero, ma non si può affermare niente di più. Ciononostante questo è sicuramente un passo avanti nella conoscenza della storia di San Marino: è infatti il primo documento storico che confermi l'esistenza di antichi insediamenti religiosi stabili sul Monte. Dal resto è perfettamente in linea con quanto afferma il Fumagalli in merito alla crescita degli insediamenti religiosi di tipo eremitico.

Il passo successivo nella ricerca di documenti che attestino l'esistenza di una realtà sammarinese la ritroviamo nella intricata e difficile vicenda della Donazione Pipiniana. In breve:

Il re longobardo Astolfo, sottomettendo Ravenna nel 750 è conquistatore di un'area compresa tra il Po, l'Adriatico e l'Appennino fino a Gubbio. I Longobardi si facevano sempre più ostili nei confronti del Papa Stefano II. I tentativi di pace formulati dal Pontefice non ebbero effetti duraturi. Vista l'impotenza dell'imperatore d'Oriente, il Papa decise di rivolgersi a Pipino, re dei Franchi, nuovo paladino del cristianesimo. Accettata la proposta di sconfiggere i barbari e restituire al Papa l'Esarcato di Ravenna, i Franchi si buttarono nella battaglia a due riprese. Nel 754 i Longobardi, sconfitti, accettarono di riconsegnare l' Esarcato, ma appena l'esercito franco ebbe varcato il confine, ripresero le depredazioni nel territorio romano. Ci fu pertanto un nuovo intervento dei Franchi nel 756, con una nuova e più pesante restituzione di territori inflitta ai perdenti. Questa è nota come la Donazione di Pipino. Per la prima volta è citato nel testo della donazione, tra altri luoghi, il castellum Sancti Marini: configura la prima autentica attestazione dell'esistenza di un castello sul Monte. Il che può fare pensare che il castellum faceva parte delle conquiste fatte dal re Astolfo, poichè, con le parole di Paul Aebischer " la presenza di San Marino [...] è normale poichè questo elenco rivolge particolare attenzione ai nomi delle piazzeforti che fiancheggiano le vie d'accesso alla Pentapoli e all'Esarcato." Più tardi i territori ora concessi al Papa verranno confermati in altrettanti documenti di re ed imperatori quali: Luigi il Pio nel 817, Ottone I nel 962 ed Enrico II nel 1020. Una nota. Nelle successive conferme, viene omesso, è bene precisarlo, il castellum Sancti Marini. Il motivo è semplice: la volontaria omissione tende ad includere solamente le piazzeforti o città di maggior rilievo, essendo quest'ultime aumentate parecchio; le relative aree circostanti vengono di fatto incluse in modo implicito.


Il Placito Feretrano

Il Placito Feretrano, 885, Archivio di Stato

Questi è il nome di un manoscritto (cm 36x65) redatto il 20 febbraio 885 ed è considerato la pietra miliare della storia della Repubblica. É il più vecchio testo conservato nell'archivio di Stato di San Marino e la sua importanza oltre che storica è anche sentimentale; non a caso ha scatenato aspre polemiche. Vediamone dunque il contenuto.

Il manoscritto, una copia dell'originale databile verso la fine dell'XI secolo, la cui scoperta negli archivi di Stato risale al 1749, si deve ad Annibale Degli Abati Olivieri. Il documento è il resoconto di un processo civile le cui parti in causa erano: Deltone vescovo di Rimini e Stefano abate del monastero sul Monte. Il processo svoltosi nel 885 sul territorio feretrano (l'attuale San Leo) fu mediato dal vescovo della chiesa feretrana Giovanni e dal Duca Orso, attorniati da una trentina di giuristi romani e longobardi. Oggetto della contestazione e dell'accusa mossa da Deltone era il presunto ingiustificato possesso di territori appartenenti alla diocesi di Rimini da parte di Stefano. Al momento della richiesta di prove che testimoniassero dell'effettivo abuso di Stefano, stranamente, Deltone non riuscì a produrne neppure l'ombra. Il giudizio pertanto andò nella direzione dell'accoglimento delle tesi dell'abate: le terre erano realmente sue. La sentenza riportata nel documento determinò perciò un precedente storico di elevatissima portata: per la prima volta si dimostrava l'indipendenza del territorio sammarinese, sia dalla diocesi di Rimini sia da quella del Montefeltro (San Leo).

Secondo le approssimazioni dello studioso Gino Zani, pubblicate in 'Il territorio ed il castello di San Marino attraverso i secoli', il territorio sammarinese doveva occupare una superficie di circa 4 km quadrati, tutti compresi ad ovest del Monte Titano, cioè dinanzi al Montefeltro. Erano presenti nell'originario territorio le attuali: Fabbrica, Casole Fiorentino, Petrignano, Silbelle, Ravellino. Si veda il testo dello Zani per una dettagliata cartina del territorio del 885.

Si diceva prima che il Placito Feretrano è fonte di seri litigi tra storici. Certi affermano che attesti l'inizio della incondizionata indipendenza sammarinese. Altri invece affermano che si tratti di un documento creato ad hoc dal monastero del Titano per contestare la concessione in enfiteusi (concessione di un fondo con l'obbligo di migliorarlo e di pagare un canone annuo) da parte del vescovo di Rimini ad una famiglia della stessa città, di appezzamenti disposti sotto il Monte nel 1069. Il Placito, lo ricordiamo è della fine del 1000, sarebbe stato 'reinventato', affermano i suoi detrattori, per contestare tali concessioni. Altre diatribe proseguono invece sul mero campo della forma verbale e giuridica, tendendo chi più chi meno ad inficiare la validità stessa del documento.

Non è qui luogo per tali discussioni, quanto piuttosto per rilevare una assoluta verità che emerge dal Placito Feretrano: con esso si può affermare con certezza che nel 885 esisteva un convento; che questo dipendeva dall'autorità del Montefeltro e che i terreni contestati erano coltivati da una popolazione di agricoltori. Sicuramente non si tratta di poco.

Monete di Berengario II
Esistono infine altri due documenti di cui diremo brevemente. Il primo del 26 settembre 951, è un diploma del re d'Italia Berengario II (? - 966), che concede un privilegio all'abbazia di S. Vincenzo al Volturno, in cui viene menzionato chiaramente il termine plebe Sancti Marini. La notizia non ci deve lasciare disinteressati: rappresenterebbe infatti la prima tangibile conferma dell'esistenza sul Titano di una comunità di entità non trascurabile organizzata attorno ad una pieve. Sulle probabili origine dell'età comunale chiarificatrici sono le parole di Paul Aebischer in 'Saggio sulla storia di San Marino dalle origini all'anno 1000': "«Plebs», termine che ha evidentemente il senso di popolo e, aggiunge lo Schiaffini , di ' popolo che appare non solo come una società di credenti o Christifideles, ma pure sotto il non meno segnalabile aspetto d'una persona giuridica ' ". E ancora prosegue "Affinchè possa manifestarsi un giorno un desiderio di indipendenza, deve innanzitutto esistere la coscienza di una certa unità e che questa unità non si fonde del tutto con le altre unità che la circondano. Questo sentimento di unità, o questo suo sintomo, a San marino come altrove, è nato grazie alla costituzione di una plebs...". Un concetto, questo, sicuramente prioritario nell'elenco conoscitivo dei diversi stadi dell'evoluzione politica e sociale dell'Antica Repubblica.

L'altro documento è un diploma dell'imperatore tedesco Ottone I (912-973), vincitore di Berengario II, col quale nel 962 accorda a Udalrico Conte di Carpegna il possesso di 27 località, una delle quali è ovviamente San Marino (citata come San Marinus). Dalle considerazione fatte dal Pochettino nel suo saggio 'San Marino e il Monte Titano avanti l'anno 1000', senza tuttavia entrare nel merito delle sue innumerevoli considerazioni, il testo risulterebbe apocrifo e dunque privo di qualsiasi valore storico.

Cosa emerge da una panoramica sulla San Marino dell'alto evo? Sicuramente la documentata esistenza di un monastero nel 511, diventato castellum del 746, per poi ridiventare monastero nel 885 ed infine plebe Sancti Marini nel 951. Questi sono passi decisivi verso la creazione di quello che sarà poi in età posteriore noto come il Comune. Ma non solamente questo: sono testimonianze delle tangibili fondamenta dalle quali prenderanno le mossa le reali manifestazioni, nel basso medioevo, dell'autodeterminazione degli abitanti del castellum Sancti Marini. Tuttavia la già documentata scarsità ed imprecisione delle fonti storiche dei 'secoli bui' porta non poca confusione nel tentativo di dare una sistemazione generale sull'evoluzione di San Marino. L'importante è però tracciare una linea guida: capire cioè quale è stata la tendenziale evoluzione della realtà sammarinese. Il richiamo delle 4 date di cui sopra traccia una chiara evoluzione: prima monastero, poi comunità più ampia, costruita attorno e grazie a questo.

Dal Neolitico all'Era Romana Il Basso Medioevo e gli Statuti


testo e cartine Riccardo Bombardini
impag. Robert Gasperoni
fotografie cortesia della AIEP Editore.