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 PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA

 

SOMMARIO 

1.      Istituzione della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa          

2.      Aree di competenza della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa          

2.1.   La complessità organica

2.2.   L’arte per il culto (architettura, scultura, pittura)

2.3.   Le biblioteche ecclesiastiche   

2.4.   Gli archivi ecclesiastici          

2.5.   I musei di arte sacra

2.6.   La musica sacra         

2.7.   Gli altri settori

3.      Orientamenti della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa         

4.      Rapporto con gli Organismi nazionali e internazionali della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa        

5.      Sostegno alle Istituzioni Ecclesiastiche della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa          

5.1.   I Rappresentanti Pontifici          

5.2.   Gli Ordinari Diocesani

5.3.   I Superiori degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica          

6.      La sensibilizzazione del popolo di Dio da parte della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa          

6.1.   La missio tra i Christifideles     

6.2.   La missio ad gentes

7.      La formazione degli operatori suggerita dalla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa   

7.1.   La formazione dei candidati al sacerdozio      

7.2.   La formazione degli artisti

7.3.   La formazione degli animatori

8.      Conclusione


 

1.   Istituzione della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa 

L’interesse della Chiesa verso i beni culturali posti al servizio della sua missione percorre l’intero arco della sua storia. Recente è tuttavia l’istituzione di un Dicastero ordinato alla conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico della Chiesa universale.

Solo infatti con la promulgazione della Costituzione apostolica Pastor Bonus (29 giugno 1988) nasce un Dicastero esplicitamente rivolto a questo settore ormai di grande interesse specie nell’impostazione delle strategie culturali degli stati moderni dove ad un generico ed astratto programma sulla cultura si sta preferendo una più concreta e specifica politica di tutela e di valorizzazione dei beni e delle attività culturali.

L’iter di impostazione del nuovo Dicastero ha visto attualmente due tappe, anche se non è detto che il settore in questione non richieda ulteriori aggiustamenti. In prima battuta si è istituita la «Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio Storico e Artistico della Chiesa», quale naturale evoluzione della Pontificia Commissione di Arte Sacra per l’Italia che nella sua fattispecie viene affidata alle competenze della Conferenza Episcopale Italiana in previsione di attivare in ogni Conferenza Episcopale un Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici. 

La Costituzione Pastor Bonus definisce l'ambito della Commissione nel presiedere «alla tutela del patrimonio storico e artistico della Chiesa» (Pastor Bonus 99). Tale titolo di competenza viene precisato affermando che tutela riguarda «in primo luogo tutte le opere di qualsiasi arte del passato» e secondariamente quelle «il cui uso specifico sia venuto meno» (Ibid. 100). A ciò si aggiungono «i beni storici», cioè «tutti i documenti e gli strumenti giuridici, che riguardano ed attestano la vita e la cura pastorale». La Costituzione indica inoltre quali principali referenti le Chiese particolari (Ibid. 102) e sollecita la collaborazione con la «Congregazione per l'Educazione Cattolica» e la «Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti» perché «il popolo di Dio diventi sempre più consapevole dell'importanza e della necessità di conservare il patrimonio storico e artistico della Chiesa» (Ibid. 103).

Emerge dunque in questa prima fase istituzionale un compito conservativo che orienta il lavoro della Commissione verso l'arte, gli archivi, le biblioteche, i musei e viene iniziata un'opera di sensibilizzazione della comunità ecclesiale. Ma il crescente interesse della cultura contemporanea verso i beni culturali e la particolare sensibilità del Santo Padre verso questo settore porta ad ampliare l’interesse conservativo nell’ambito della valorizzazione integrale del patrimonio storico artistico. Esso va infatti inteso come un «bene vivo» di cui usufruire ai fini della cultura, della catechesi, del culto, della carità. 

Questa nuova istanza permette un ulteriore passo nello sviluppo del Dicastero. Con il Motu proprio Inde a Pontificatus Nostri initio del 25 marzo 1993, assume l'attuale denominazione di «Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa». Quale Presidente fu nominato Mons. Francesco Marchisano, che nel 1991 aveva già assunto la presidenza della «Pontificia Commissione di Archeologia Cristiana» e nel 1995 quella della «Commissione Artistico-culturale del Grande Giubileo dell'Anno 2000». Inoltre ex officio fu nominato Membro della «Pontificio Consiglio della Cultura», onde avviare regolari rapporti di collaborazione attraverso una Commissione paritetica. Segretario fino al mese di luglio 1995 rimase Mons. Paolo Rabitti, mentre ora è il Prof. Carlo Chenis SDB, che è anche Membro della Commissione di archeologia sacra. Sottosegretario, attualmente è il rev. Lino Piano, S.S.C. 

La «Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa» viene ad avere un suo Organico di Officiali e Ausiliari; inoltre il Sommo Pontefice provvede alla nomina dei Membri e dei Consultori. Inizia così un nuovo periodo, che porta a ripensare il lavoro della Commissione in termini di valorizzazione del patrimonio storico-artistico della Chiesa essenzialmente in un'ottica di animazione culturale e pastorale. Il complesso dei beni che la Chiesa ha prodotto in due millenni non è infatti soltanto la testimonianza fossile del suo passato, bensì la testimonianza vivente di ciò che attraverso la fede, la cultura e l'arte cristiana essa ha saputo esprimere lungo i secoli. 

Pur rimanendo le finalità stabilite dalla Costituzione Pastor Bonus, il Sommo Pontefice, nell'allocuzione programmatica rivolta ai Membri della Prima Assemblea Plenaria della «Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa», il 12 ottobre 1995, sollecita ad una rinnovata opera di animazione. Il lavoro dunque della Commissione si muove in varie direzioni. Una prima di carattere criteriologico è intesa «ad enucleare le principali attività circa tali beni, individuandole nell'impegno di restaurarli, custodirli, catalogarli, difenderli» e a promuovere nuove produzioni. Una seconda stabilisce la filosofia dei beni culturali secondo la mens della Chiesa attraverso una loro «valorizzazione, che ne favorisca una migliore conoscenza ed un’adeguata utilizzazione nella catechesi quanto nella liturgia». Una terza di carattere formativo sollecita la ricerca innovativa sui beni culturali per fornire agli artisti «stimolanti contenuti teologici, liturgici, iconografici» e per promuovere la loro attività «con nuove e degne committenze, approfondendo una rinnovata alleanza fra artisti e Chiesa». Un’ultima direzione cura l’organizzazione istituzionale impegnando la Commissione ad «individuare gli autori principali del servizio ecclesiale in questo campo, partendo da coloro che vi sono coinvolti istituzionalmente, come le Conferenze Episcopali, i Pastori delle Diocesi, le Congregazioni romane dell'Educazione Cattolica, del Culto Divino e il Pontificio Consiglio della Cultura» (Cf Giovanni Paolo II,AllocuzioneL’importanza del patrimonio artistico nell’espressione della fede e nel dialogo con l’umanità, in: L’Osservatore Romano (13 ottobre 1995), p. 5).

Tale impegno viene ripreso nel Messaggio di Giovanni Paolo IIdel 28 settembre 1997 rivolto ai Membri della II Assemblea Plenaria. In esso si ribadisce con diversi accenti che il lavoro della Commissione «consiste nell’animazione culturale e pastorale delle comunità ecclesiali, valorizzando le molteplici forme espressive che la Chiesa ha prodotto e continua a produrre al servizio della nuova evangelizzazione dei popoli. Si tratta di conservare la memoria del passato e di tutelare i monumenti visibili dello spirito con un lavoro capillare e continuo di catalogazione, di manutenzione, di restauro, di custodia e di difesa. [...] Si tratta inoltre di favorire nuove produzioni attraverso un contatto interpersonale più attento e disponibile con gli operatori del settore, così che anche la nostra epoca possa registrare opere che documentino la fede e il genio della presenza della Chiesa nella storia»(Cf Giovanni Paolo II,MessaggioI beni culturali possono aiutare l’anima nella ricerca delle cose divine e costituire pagine interessanti di catechesi e di ascesi, in: L’Osservatore Romano (28 settembre 1997), p. 7). 

  

2.   Aree di competenza della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa

 

2.1.   La complessità organica 

L'attenzione della Pontificia Commissione e delle singole Chiese particolari deve rivolgersi verso il passato, al fine di sollecitare la conservazione del patrimonio storico-artistico, secondo i parametri di una valorizzazione ecclesiale, e verso il presente, per continuare a promuovere nuove produzioni artistiche congiuntamente ad una cultura di ispirazione cristiana. Si aprono questioni per i singoli settori che devono essere commisurate alle esigenze delle singole Chiese particolari e alla varie circostanze storico-culturali.

I beni culturali della Chiesa sono stati prodotti lungo i secoli e nell'oggi per un fine essenzialmente pastorale e come tali debbono essere mantenuti, tutelati e valorizzati. Essi costituiscono una realtà complessa e polivalente, che comprende l’insieme dei prodotti delle arti ordinati in varia misura al servizio ecclesiale e in particolare al culto divino. Sono beni molto diversi che intessono un complesso organico di mezzi che deve essere considerato tanto nella sua globalità quanto nelle sue distinzioni.

Questi beni hanno un valore «culturale», rappresentano cioè il processo di trasformazione dell'ambiente avviato lungo i secoli dalla comunità umana. Inoltre rivelano uno specifico «ecclesiale», poiché sono stati prodotti per esprimere la liturgia, l'istruzione e la carità secondo una mentalità di ispirazione cristiana. La Chiesa infatti ha ricevuto il mandato di annunciare il vangelo attraverso un'opera di inculturazione della fede, che abbisogna di mezzi idonei, per l'appunto i «beni culturali ecclesiali». In questo contesto il Papa ha voluto creare (con la riforma della Curia Romana del 1988 e la successiva revisione del 1993) un Dicastero per la cura e la valorizzazione dei beni culturali della Chiesa a livello mondiale, capace di tenere i contatti con tutte Chiese particolari e di dare orientamenti per ciò che riguarda l'arte, gli archivi, le biblioteche, i musei, la musica, le sacre rappresentazioni, ecc. 

Specialmente la destinazione cultuale ha motivato lo «splendore delle forme» dei prodotti destinati ad esprimere la sacra liturgia; il sostanziale rispetto degli stili e delle costumanze delle varie epoche e culture ha portato nella Chiesa un consistente e vario patrimonio monumentale; il desiderio di conoscere le verità del creato e della rivelazione ha sollecitato studi molteplici in tutti i campi dello scibile capaci di accogliere e sviluppare i germi di verità contenuti nelle altre culture con particolare attenzione verso quella greco-romana; la necessità di istituzionalizzare l'attività ecclesiale ha costituito un abbondante deposito documentario, che nonostante l'usura del tempo e l'inclemenza di talune circostanze storiche, fornisce all'oggi della Chiesa e del mondo elementi utili perché la storia sia efficacemente «maestra di vita»; le urgenze pastorali e sociali hanno sollecitato molti interventi caritativi da parte della Chiesa che così ha dimostrato di voler essere «esperta in umanità».

 

2.2.   L’arte per il culto (architettura, scultura, pittura) 

Il postconcilio ha dato adito ad una molteplicità di interventi su strutture monumentali preesistenti al fine di adeguarle alle mutate esigenze liturgiche e ha visto l’erezione di nuovi edifici di culto in varie parti del mondo. L'esplosione demografica urbana dei paesi industrializzati ha costretto a costruire nuove chiese specialmente nelle periferie. La spinta missionaria e l'assestamento del cristianesimo in luoghi di prima evangelizzazione ha permesso la costruzione di strutture cultuali idonee alle esigenze e agli stili locali. Le calamità naturali (inondazioni e terremoti) e le distruzioni belliche obbligano molte comunità alla ricostruzione dei loro luoghi di culto. Oltre al problema delle nuove chiese è di primaria importanza quello relativo al restauro e all’adattamento degli edifici sacri di altre epoche dovendo tenere conto degli elementi preesistenti, delle normative civili, delle esigenze liturgiche. 

Non si può poi dimenticare che la crescente secolarizzazione, le concezioni ideologiche opposte al cristianesimo, l'impreparazione di molti architetti, le ristrettezze economiche, l'incertezza della committenza ed i soverchi altri problemi pastorali, hanno condizionato negativamente i progetti dei nuovi spazi cultuali e la ristrutturazione dei precedenti. Pertanto, pur tenendo conto delle diverse situazioni locali, è ormai necessario affrontare il problema dell’architettura e dell’iconografia dei sacri edifici stimolando le Chiese particolari ad essere valide committenti. Bisogna pertanto elaborare nell’alveo delle diverse culture i criteri essenziali per valutare il linguaggio spaziale ed iconografico in vista della funzionalità liturgica e delle esigenze dei fedeli. La chiesa-edificio dev’essere in grado di esprimere attraverso la bellezza estetica e la nobile semplicità formale, l'elevazione spirituale dei fedeli conformemente alle esigenze delle varie culture e alle diverse situazioni sociali. In tal senso le nuove costruzioni e gli antichi impianti monumentali entrano a far parte dell'unica prospettiva cultuale. 

Relativamente ai criteri generali, la chiesa-edificio deve essere uno spazio identificato tanto dall’esterno quanto all’interno perché sia connotato il luogo di culto cristiano; deve avere uno stile congruo alla cultura locale ed alla tipologia sociale della collettività per evitare colonizzazioni indebite e sperperi scandalosi; deve essere accogliente per la comunità dei fedeli configurando un ambiente idoneo all’«attiva partecipazione» liturgica; deve proporsi per semplicità, decoro, bellezza, sacralità ai lontani al fine di stimolarne l’approccio al cristianesimo; deve lasciar percepire il senso della pacificazione e della tolleranza evitando il carattere tronfio ed il sincretismo religioso. L’intero impianto cultuale deve dare il senso dell’unità nella complessità così che l’architettura, l’iconografia, le decorazioni sono in simbiosi con l’arredo, le vesti, le musiche, i canti, i riti, i movimenti, ecc.

 

2.3.   Le biblioteche ecclesiastiche 

Le biblioteche ecclesiastiche non sono solamente dei contenitori di libri, bensì istituzioni di formazione culturale. Esse rappresentano l’interesse della Chiesa per la cultura di ogni popolo ed il processo di inculturazione della fede; evidenziano i processi di formazione filosofica, teologica, catechetica, liturgica, pastorale, spirituale, giuridica dei pastori e dei religiosi; danno il senso dell’universalità e dell’unità del pensiero di ispirazione cristiana ripresentando nelle varie lingue, oltreché in latino, il magistero della Chiesa e il tesoro della tradizione culturale ecclesiale che si sono configurati a partire dalla «biblioteca» per eccellenza, ovvero la Bibbia.

Per continuare nel lavoro di promozione culturale le biblioteche devono organizzarsi nello specifico ecclesiale, disporre di una congrua organizzazione gestionale (usufruendo quando è possibile delle attuali tecnologie informatiche e dei collegamenti in rete) e procedere a sistematiche acquisizioni di nuovi volumi. È poi importante che le biblioteche si contattino fra di loro per favorire la consultazione degli schedari, il prestito dei volumi, l’invio di studi promossi in loco, lo scambio dei doppioni, ecc. 

È neces­sario che si curi la preparazione dei responsabili e all’uopo è utile la costituzione di Associazioni per la formazione degli operatori, l’animazione culturale del territorio, la circolazione delle informazioni, l’integrazione dei sistemi, ecc.

 

2.4.   Gli archivi ecclesiastici 

La Chiesa ha sempre ritenuto importante il ricordo della sua storia così che gli archivi ecclesiastici sono lo strumento per far rivivere la memoria tanto alla comunità dei fedeli quanto all’intera collettività. Rappresentano dunque un bene vivo di carattere ecclesiale che deve essere tutelato e valorizzato ottemperando alle norme canoniche e rispondendo alle esigenze culturali e pastorali. 

La trasmissione del patrimonio documentario è momento della Tradizione, è memoria dell’evangelizzazione, è strumento pastorale. Come momento della Tradizione tale trasmissione rende evidente la continuità dell’eventum salutis dalla vicenda storica di Gesù Cristo all’attuale pentecoste della Chiesa di modo che il ricordo cronologico di Gesù, della prima Comunità cristiana, della Chiesa dei martiri e dei padri, dell’espandersi del cristianesimo nel mondo, portino ad una rilettura spirituale degli eventi sensibilizzando le coscienze al sensus ecclesiae. Come memoria dell’evangelizzazione dà riscontro della plantatio ecclesiae in tutti i luoghi in cui è arrivata la predicazione del vangelo. Come strumento pastorale dà il senso della storia ad ogni singola comunità ecclesiale che può così percepire il proprio passato e aprirsi al futuro.

L’organizzazione del patrimonio documentario richiede un progetto organico dove si prevede l’istituzione o il potenziamento dell’archivio storico diocesano, l’adeguamento dell’archivio corrente, la mutua collaborazione con gli enti civili, la pianificazione a livello delle singole Conferenze Episcopali, l’assunzione di personale qualificato. L’importanza di una congrua conservazione delle carte della memoria è data dall’irripetibilità del materiale documentario così che occorrono, per quanto possibile degli spazi congrui, una gestione idonea alla tutela, un’attenta inventariazione, un’auspicabile informatizzazione.

La valorizzazione del patrimonio documentario è fondamentale per la cultura storica e per la missione della Chiesa. Infatti la Chiesa si pone a servizio dell’intera umanità così che il proprio patrimonio archivistico ha una destinazione universale in quanto presenta l’azione ecclesiale tra i popoli in misura del «vangelo della carità». Tale valorizzazione necessita di un’adeguata promozione degli archivi, di un’intelligente opera di contestualizzazione del materiale ivi contenuto, di una stimolante promozione della ricerca storica. 

 

2.5.   I musei di arte sacra

La presenza del cristianesimo nei vari paesi favorisce la creazione di beni di valore artistico che, con l’andare del tempo, assumono anche un valore storico. I vari mutamenti culturali, sociali e liturgici portano ad abbandonare l’uso di determinati beni (in particolare immagini e statue religiose, arredi e suppellettili liturgiche, paramenti sacri ed altre vesti, libri liturgici e repertori musicali, oggetti di devozione ed ex voto, ecc.) così che occorre provvedere alla loro tutela al fine di trasmettere i reperti storico-religiosi della comunità ecclesiale. Inoltre il valore acquisito dal patrimonio storico-artistico in uso obbliga ad una particolare tutela e valorizzazione.

Sono quindi da promuovere i musei ecclesiastici su tutto il territorio a livello delle Parrocchie, degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, delle Curie provincializie e, soprattutto, delle Diocesi. Sono poi da organizzare iniziative interne alla Diocesi per la valorizzazione del patrimonio storico-artistico quali visite periodiche ai monumenti dello spirito (la propria parrocchia e le eventuali altre chiese del territorio parrocchiale, i santuari della zona e le case religiose, la chiesa cattedrale della diocesi, ecc.), convegni di studio, pubblicazioni divulgative, ecc.

È auspicabile dare vita ad un «museo diffuso» all’intera circoscrizione ecclesiastica che integri ed organizzi il patrimonio storico-artistico, sia esso ancora utlilizzabile, sia esso obsoleto. Quest’azione verrebbe a valorizzare il territorio in tutte le sue parti favorendo anzitutto la conservazione e la fruizione in loco dei beni culturali, anche se molto modesti e non tanto antichi. Solo se la conservazione di tali beni nei luoghi originari non è possibile si devono istituire musei diocesani, o interdiocesani, o almeno raccolte ordinate e sale di esposizione. L'incremento e la costituzione di musei ecclesiastici contribuiscono a far conoscere il patrimonio storico-artistico cristiano, a stimolare e sostenere l'impegno degli enti ecclesiastici in ordine sua alla manutenzione, tutela e valorizzazione. Nell'ambito di ogni diocesi, il museo diocesano costituisce poi il naturale punto di riferimento e di coordinamento per tutte le iniziative locali.

In tal senso il museo si integra al progetto pastorale della comunità cristiana che lo ospita e può costituire il luogo privilegiato di formazione culturale e religiosa di un determinato territorio. La museificazione nel contesto ecclesiale porta infatti a non snaturare i beni nel loro valore cultuale e ne permette l’utilizzazione in particolari circostanze. Tale struttura dinamica offre una costante chiave di lettura che dall'oggetto consenta di risalire alla funzione, al significato, alla comunità viva dei credenti da cui proviene mettendo il fruitore nella giusta attitudine d'ascolto e di percezione dell’atmosfera sacrale che ha avvolto quegli oggetti nelle chiese d'origine.

 

2.6.   La musica sacra 

La musica sacra nel postconcilio ha vissuto una stagione ricca di sperimentazioni volendo adattarsi ai molteplici contesti culturali e alle nuove esigenze liturgiche. Questo fatto se da una parte ha rinnovato lodevolmente il repertorio, dall'altra ha creato un certo disorientamento. Molte composizioni musicali odierne sono difficili da giudicare nel loro valore estetico; non sempre vi è coerenza tra la musica e le altre espressioni cultuali dal momento che si è eredi di una scissione tra il settore musicale e le arti visive; vi è notevole sperequazione tra i linguaggi musicali odierni e quelli del sacro cristiano; l'accelerazione storica dei paesi occidentali ha impedito l'imporsi di produzioni musicali qualitativamente valide e capaci di elevare spiritualmente la comunità dei fedeli, abitualmente eterogenea nella sua composizione; l'introduzione di generi musicali di culture di prima evangelizzazione o di culture ideologicamente irreligiose aprono la vertenza sulla loro idoneità cultuale; il rispetto verso il repertorio tradizionale del canto gregoriano e della polifonia sacra, oscilla tra il rifiuto e un'accoglienza integralista. In tali questioni si interseca dunque la necessità di salvaguardare e valorizzare il patrimonio musicale nelle sue espressioni più elevate, con quella di avere repertori comuni quale segno esteriore dell'universalismo cristiano e nel contempo di favorire le culture locali. 

Occorre pertanto favorire nelle Chiese particolari una riflessione sulla musica sacra al fine di configurare un progetto capace di integrare questo settore nel complesso dei beni culturali ordinati al culto, tutelare il repertorio musicale del passato e rispettare la musica popolare, inculturare e rendere idonee alla liturgia le forme musicali contemporanee.

 

2.7.   Gli altri settori 

Il discorso sui beni culturali è essenzialmente aperto a sempre nuovi sviluppi poiché altri mezzi possono tornare utili alla missione della Chiesa. Oltre ai settori elencati non bisogna quindi dimenticare le molteplici altre tradizioni locali quali le forme di pietà popolare, il teatro sacro, le sacre rappresentazioni, le coreografie rituali, ecc.

Lungo i secoli la Chiesa ha sempre accolto, moderato, sacralizzato le molteplici espressioni prodotte dalle singole culture in modo da creare linguaggi idonei a dare forma e bellezza al culto secondo l’indole, le tradizioni e i costumi dei vari popoli.

 

3.   Orientamenti della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa 

La Commissione, dovendosi interessare del patrimonio storico-artistico della Chiesa universale, si trova a dover fare anzitutto un’opera di ricognizione al fine di individuare i settore in cui intervenire e le modalità di lavoro. Primo problema è dunque quello di conoscere lo status dei beni culturali ecclesiastici in ogni singola nazione. Viene pertanto indirizzata una Circolare a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali del mondo (10 aprile 1989) per presentare la nuova Commissione, per richiedere informazioni sui beni culturali, sulle istituzioni addette alla loro conservazione e sul rapporto con le autorità civili, mediante un questionario di 11 domande. Successivamente, con una nuova Circolare (10 marzo 1992), vengono messe al corrente tutte le Conferenze Episcopali di quanto emerso nell'indagine. Il rapido sondaggio lascia intravvedere situazioni diversissime specie per ciò che riguarda il rapporto con gli Stati nazionali. Si hanno a questo riguardo in alcune Nazioni dei Concordati tra Stato e Chiesa, in altre ci sono dichiarazioni di buon vicinato, in altre ancora le due istituzioni - quella civile e quella ecclesiastica - conducono una vita parallela, autonoma, ma di mutuo rispetto. In genere si nota una certa tendenza da parte degli Stati ad assorbire nella loro competenza - se non addirittura nella proprietà - i beni culturali della Chiesa. Da parte delle istituzioni ecclesiastiche si assiste al crescere di interesse verso i beni culturali, ma - come notano molti vescovi - sono pochi gli esperti in questo campo della vita ecclesiale, lasciato il più delle volte in mano a persone piene di buona volontà, ma prive di specifica competenza. 

In relazione a questo, la Commissione ritiene opportuno indirizzare una Circolare (15 ottobre 1992) a tutti i Vescovi del mondo sulla necessità di preparare i futuri sacerdoti alla cura dei beni culturali della Chiesa. Nel documento non si chiede di introdurre una materia in più nei programmi già sovraccarichi, ma di trattare più ampiamente possibile dell'arte nell'ambito della liturgia, delle biblioteche nel corso di storia della Chiesa e degli archivi ecclesiastici nel corso di diritto canonico. Molte Conferenze Episcopali introducono così nelle loro Ratio studiorum indicazioni precise al riguardo. Dal momento che si tratta di un aspetto fondamentale, tre anni dopo la Commissione si rivolge ancora a tutte le Conferenze Episcopali (3 febbraio 1995) per chiedere quali iniziative sono state prese nel suddetto periodo per la formazione del clero ai beni culturali. Altrettanta attenzione è indirizzata al lavoro svolto dalle Università Cattoliche per i beni culturali della Chiesa. In merito viene indirizzata una Circolare (10 settembre 1994) a tutte le sedi universitarie cattoliche del mondo a seguito della quale si raccolgono dati di notevole importanza per il futuro lavoro della Commissione stessa. La formazione ai beni culturali nell’universo cattolico trova particolare riscontro nella creazione della «Scuola Superiore per gli Operatori dei Beni culturali della Chiesa» a partire dal 1991 presso la «Pontificia Università Gregoriana», come esempio da imitare. Infatti, nell’ottobre 1995 si è istituito un corso analogo nell’«Institut Catholique» di Parigi, e con l’ottobre 1996 inizia una Scuola Superiore con tali competenze nell’Università Cattolica di Lisbona.

Oltre al settore della formazione la Commissione cura quello della tutela dirigendosi in modo particolare alle Conferenze Episcopali europee con una Circolare (15 giungo 1992) intesa ad attirare l'attenzione sui pericoli che l'apertura della frontiere può comportare (furti e illeciti trasferimenti). Su questo argomento torna con un’altra lettera (2 maggio 1994) per invitare le medesime Conferenze Episcopali a provvedere all'inventariazione dei beni ecclesiastici, nonostante si incontrino in proposito resistenze - smentite per lo più dai fatti - da parte di coloro che vedono nell’inventario un ulteriore strumento idoneo a favorire i furti.

Altro campo di interesse è quello degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica che hanno avuto nella Chiesa un’enorme importanza anche nel settore della cultura e dell’arte. Per questo si pensa, con la Circolare del 10 aprile 1994, di richiamare l'attenzione di tutte le famiglie religiose, maschili e femminili, del mondo sui beni culturali loro affidati e spesso da loro prodotti.

Da tempo si è poi pensato di dedicare tre documenti ai tre settori di primaria competenza della Commissione: arte, archivi e biblioteche. Si è iniziato con le biblioteche. Con l'ausilio di diversi specialisti venne redatto il documento su Le biblioteche ecclesiastiche (19 marzo 1994) e inviato, tradotto in sei lingue al pari delle altre circolari, a tutti i vescovi del mondo. In esso sono trattate a fondo le ragioni storiche e teologiche per la cura che si deve avere per questo settore di primaria importanza nella vita culturale dell’intera collettività. 

Si è continuato con gli archivi attraverso la circolare su La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici (2 febbraio 1997) in cui si riflette sull’importanza ecclesiale della trasmissione del patrimonio documentario, si delineano gli elementi per un progetto di gestione stimolando un rapporto di collaborazione con gli organismi civili, si sottolinea l’urgenza della conservazione delle carte della memoria, si ribadisce l’importanza della valorizzazione del patrimonio documentario per la cultura storica e per la missione della Chiesa. 

È poi uscita quella su la Necessità e urgenza dell’inventariazione e catalogazione dei beni culturali della Chiesa (8 dicembre 1999). Il documento, oltre ad essere inviato a tutti i Vescovi del mondo, è stato anche trasmesso per conoscenza a tutti i Superiori degli Istituti religiosi, oltreché a rappresentanti delle Istituzioni civili a livello nazionale e internazionale. In esso si precisano le nozioni di inventariazione e catalogazione congiungendole in un iter progressivo che ha come obiettivo la conoscenza, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio mobile e immobile posto al servizio della missione della Chiesa. Da una ricognizione inventariale degli oggetti auspicabilmente si giunge alla loro catalogazione. Questo impegno che comporta la compilazione di schede e l’ausilio della fotografia può essere realizzato sia su supporto cartaceo, sia su quello informatico. È dunque importante integrare i sistemi, collaborare tra le istituzioni, formare gli operatori, tutelare la proprietà dei dati raccolti.

Ultima circolare pubblicata tratta de La funzione pastorale dei musei ecclesiastici (15 agosto 2001), al fine di conservare materialmente, tutelare giuridicamente, valorizzare pastoralmente l’importante patrimonio storico-artistico non più in uso abituale. In essa vengono studiate natura, finalità, tipologia del museo ecclesiastico. La sua natura è nella conservazione e valorizzazione in contesto ecclesiale; la finalità che si propone si esprime nella salvaguardia della memoria nell’ambito della pastorale; la tipologia verte sulle modalità istituzionali e sugli gli oggetti raccolti. Particolare attenzione è rivolta all’organizzazione del museo ecclesiastico in tutte le sue molteplici componenti. La circolare si sofferma poi sulla fruizione sottolineandone la specificità in senso ecclesiale e nel riferimento territoriale. È rilevante infine il problema della formazione degli operatori. Vengano al riguardo esposti i criteri per l’elaborazione di un progetto formativo; si esemplificano inziative formative; si sottolinea l’importanza del volontariato professionale. Nel complesso la circolare si allinea ad una concezione museale dimamica ipotizzando una tipologia di museo diffuso sul territorio capace di valorizzare le singole realtà, di coordinare il patrimonio storico-artistico, di impostare le iniziative in una logica pastorale.

Sono ancora in fase di studio quelli più complessi, date le implicanze liturgiche ed estetiche, su L’arte sacra per il culto e sul Rapporto arte e fede.

 

3.1.   Le norme civili 

Nell’impegno per i beni culturali non si può disattendere il rapporto a vari livelli con le istituzioni civili dal momento che la comunità cristiana opera all’interno delle singole Nazioni. In questo contesto 

 

4.   Rapporto con gli Organismi nazionali e internazionali della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa 

Il mandato della Commissione è peculiarmente inteso ad orientare e sensibilizzare gli operatori sui beni culturali ecclesiastici. Non deve perciò disattendere il dialogo con le autorità civili, in special modo con gli Organismi internazionali, affinché si provveda non solo alla conservazione dei beni culturali della Chiesa, ma anche alla loro congrua valorizzazione da parte delle istituzioni civili.

Oltre ai contatti nell’ambito delle singole Nazioni, particolare cura si deve quindi usare con gli Organismi internazionali, affinché si provveda non solo alla conservazione dei beni culturali della Chiesa bensì anche alla loro valorizzazione grazie alle Raccomandazioni e agli Accordi internazionali. 

I1 settore della conservazione-promozione dei Beni Culturali subentra nella competenza di diverse Organizzazioni Internazionali con le quali la Santa Sede mantiene e sviluppa rapporti di mutuo rispetto. Tali Organizzazioni si possono dividere in due principali categorie: Organizzazioni internazionali inter-governative e Organizzazioni internazionali non-governative.

La prima comprende Organizzazioni internazionali inter-governative con un largo raggio di azione (in un'ottica mondiale: UNESCO, O.V.P.M. ‑ Organisation des Villes du Patrimoine Mondial, UNIDROIT ‑ Istituto Internazionale per l'Unificazione del Diritto privato; in un'ottica europea: Consiglio d'Europa, Unione Europea).

La seconda include Organizzazioni internazionali non-governative, professioniste nel settore specifico di loro competenza (ICCROM - International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property; ICOMOS Conseil International des Monuments et des Sites; ICOM - International Council of Museums).

Alcune rappresentanze pontificie sono state appositamente istituite per seguire i rapporti con le seguenti Organizzazioni inter-governative: Comunità Europea, Consiglio d’Europa, UNIDROIT, UNESCO. Delegati o Osservatori permanenti sono poi stati nominati per seguire i rapporti con le seguenti Organizzazioni non-governative: ICCROM e ICOMOS.

Tale distinzione tra le Organizzazione inter-governative e le Organizzazioni non-governative si riflette anche nel tipo di attività svolte e offerte da queste medesime Organizzazioni. Le prime mirano ad incoraggiare degli sforzi comuni nel campo delle politiche di protezione, di conservazione e di promozione dei beni nei vari paesi, attraverso iniziative che possano poi orientare misure legislative adeguate, o progetti di sussidi per l'applicazione di iniziative concrete di protezione e conservazione. Le seconde mirano a creare una fratellanza fra i professionisti del settore nelle varie nazioni, per migliorare una collaborazione a livello tecnico, principalmente attraverso corsi di formazione e aggiornamento per gli operatori, attività di consulenze, e scambi di informazioni.

All'interno delle Organizzazioni inter-governative, a causa degli ampi obiettivi che si propongono, sono stati istituiti degli appositi Comitati per seguire il settore del Patrimonio Culturale. La Santa Sede segue attentamente e partecipa, secondo i termini preposti dagli accordi diplomatici con le singole Organizzazioni, alle riunioni di alcuni di questi Comitati, come ad esempio: "World Heritage Committee", UNESCO; "Comité intergouvernemental pour la promotion du retour de biens culturels à leur pays d'origine ou de leur restitution en cas d'appropriation", UNESCO; “Cultural Heritage Committee”, Consiglio d'Europa.

L'obiettivo principale che caratterizza la partecipazione della Santa Sede agli Organismi internazionali consiste nel diffondere una sempre maggiore consapevolezza del ruolo e del valore del patrimonio culturale religioso, nelle sue principali espressioni creative all'interno del patrimonio culturale di ogni nazione e all'interno del patrimonio mondiale. Tali espressioni sono rappresentate dai monumenti architettonici come i siti e gli edifici sacri (patrimonio immobile), dalle suppellettili liturgiche ed opere di valore artistico-storico (patrimonio mobile), dagli archivi e biblioteche ecclesiastiche (patrimonio culturale).

La Commissione si ripromette, nel proprio ambito di competenza, di far superare talune difficoltà di rapporto con le istituzioni civili, facendo capire che la tutela dei propri beni culturali nella loro vitalità religiosa e liturgica è a vantaggio della loro contestualizzazione e piena valorizzazione superando in tal senso una cultura della mera conservazione materiale. Essa inoltre raccoglie l'invito di continuare, per quanto possibile, a curare approcci con i responsabili dei beni culturali di altre confessioni religiose e di altre religioni al fine di stabilire utili momenti di dialogo. 

 

5.   Sostegno alle istituzioni ecclesiastiche della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa

 

5.1.   I Rappresentanti Pontifici 

Come è d’uso nella Curia Romana, la Segreteria di Stato consegna ai Rappresentanti Pontifici delle Istruzioni sulla situazione della Chiesa nel Paese in cui devono svolgere il loro servizio. Ogni Dicastero è così coinvolto nel preparare un dossier attraverso cui descrivere al Nunzio il settore di competenza nello specifico di quella determinata Nazione. 

La nostra Pontificia Commissione ha così l’occasione di presentare, per quanto risulta dalla documentazione in suo possesso, la situazione dei beni culturali, le problematiche emergenti, i contatti avviati ed i riscontri pervenuti con Chiese particolari della Nazione interessata.

Inoltre la nostra Commissione elabora alcuni suggerimenti sulla salvaguardia del patrimonio storico-artistico della Chiesa, sulla valorizzazione dei beni culturali ecclesiali, sulla necessità di organizzare lo scambio delle informazioni. Specie la circolazione delle informazione tra le Chiese particolari, con la Santa Sede e anche verso le altre confessioni cristiane e le altre religioni è importante per progredire nella collaborazione tra le istituzioni e nella valorizzazione dei beni culturali.

 

5.2.   Gli Ordinari Diocesani 

Il sostegno agli Ordinari Diocesani costituisce il principale impegno della Pontificia Commissione. Esso si esplica attraverso i continui contatti (relazioni quinquennali, incontri personali, scambi epistolari, partecipazione a convegni, ecc.), l’invio di circolari di orientamento, lo scambio di informazioni su iniziative utili, la ricognizione dei nominativi dei singoli operatori diocesani per stabilire contatti capillari con tutte le realtà locali della Chiesa. 

Dopo ogni Assemblea plenaria della nostra Pontificia Commissione si procede poi all’invio delle Conclusioni a tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali perché possano informare i singoli Ordinari. In particolare dopo la I Assemblea Plenaria del 12-13 ottobre 1995 si è provveduto a stimolare le Chiese particolari sull’importanza della valorizzazione unitaria dei beni culturali, sull’urgenza della formazione di clero, arti­sti, operatori; sull’opportunità di dare orientamenti locali capace di concretizzare quelli più generali tenendo conto delle disposizioni civili e delle singole situazioni locali. Dopo la II Assemblea Plenaria del 24-25 settembre 1997 si sono invece offerti alle Chiese particolari suggerimenti in ordine alla preparazione e alla celebrazione del Giubileo del 2000 attraverso i beni culturali di pertinenza ecclesiastica.

 

5.3.   I Superiori degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica

Anche il sostegno ai Superioridegli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolicaha impegnato il lavoro della Commissione che è consapevole dell’importanza dei Religiosi nella vita spirituale, culturale, artistica della Chiesa (cf Circolare Ai Superiori e Superiore Generali degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica sui beni culturali ecclesiastici del 19 aprile 1994).

La circolare si propone infatti lo scopo di far pervenire direttamente ai Religiosi lo stesso messaggio che si era cercato di trasmettere alle Diocesi, circa l'incremento della cura e della valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici nell'opera evangelizzatrice. Essa, mentre ricorda il grande influsso tradizionalmente esercitato dagli Ordini e dalle Congregazioni religiose nel porre a servizio della missione della Chiesa le arti e i mezzi della cultura, li sollecita a non abbandonare tale presenza nel settore dei beni culturali, ma anzi ad accompagnare e, se possibile, precedere, le altre comunità ecclesiali in tale impegno. 

Vi è poi la raccomandazione a camminare insieme con le Diocesi per ciò che concerne valorizzazione, fruizione, conservazione, inventariazione e catalogazione dei rispettivi patrimoni artistici e storici. Altro vivo suggerimento ai Religiosi è quello di reperire personale idoneo all'animazione del mondo degli artisti e dei cultori di discipline ordinate ai beni culturali per continuare la loro presenza in questi settori particolarmente importanti per l’opera di promozione umana e di evangelizzazione secondo i singoli carismi dei vari Istituti.

 

 

6.   La sensibilizzazione del popolo di Dio da parte della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa 

6.1.   La missio tra i Christifideles 

I beni culturali sono posti al servizio della missione della Chiesa così che i primi destinatari sono i christifideles. Costoro devono essere formati alla fruizione del patrimonio storico-artistico nel suo valore di memoria, per ciò che concerne la trasmissione di tale deposito ecclesiale, e di profezia in riferimento ai contenuti spirituali. 

I beni culturali ecclesiastici sono dei christifideles e per i christifideles al fine di esprimere il culto (favorendo l’attiva partecipazione dei fedeli alla celebrazione dei divini misteri), la catechesi (attraverso la sacra iconografia che manifesta nel sensibile quanto Dio ha rivelato all’uomo), la cultura (che permette nella sua ispirazione cristiana di scoprire la verità della creazione), la carità (attraverso le istituzioni intese a provvedere alle opere di misericordia corporale e spirituale).

Occorre recuperare nel popolo di Dio la coscienza del sacro e del bello nel rispetto delle costumanze locali, nell'attenzione ad evitare spinte sincretistiche e nell'uso congruo dei mezzi espressivi. Per questo si auspica un'attenta e specifica educazione dei fedeli affinché, come ricorda Pio XII, attraverso le forme dell'arte, compresa l'arte moderna, gli uomini possano realmente «infrangere il recinto angusto e angoscioso del finito» per dirigere lo spirito verso l'infinito (cf Pio XII, Allocuzione Agli espositori della VI Quadriennale di Roma. L’essenza della vera arte (8 aprile 1952), in: Discorsi e Radiomessaggi XIV (1952-1953), p. 47-52). 

 

6.2.   La missio ad gentes 

Fin dai primi secoli l’arte sacra è stata concepita come strumento di evangelizzazione e di stimolo ai non cristiani. Dice in proposito Giovanni Damasceno: «Se un pagano viene e ti dice: mostrami la tua fede …, tu lo porti in Chiesa e gli fai vedere la decorazione di cui è ornata e gli spieghi la serie dei sacri quadri» (PG 95, col. 325 c-d). Anche l’attuale Pontefice più volte ha ribadito a S.E. Mons. Francesco Marchisano, Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa: «Quando ero arcivescovo di Cracovia, se ho potuto stabilire qualche contatto con i lontani, è perché ho sempre cominciato dal patrimonio storico-artistico della Chiesa, che ha un linguaggio che tutti conoscono, un linguaggio che tutti accettano e, su questo linguaggio, ho potuto innestare un dialogo che per altra via sarebbe stato impossibile».

I beni culturali giovano all’inculturazione della fede, sono di stimolo ai lontani per entrare in contatto con la religione cristiana, favoriscono lo scambio tra i popoli. Anche il turismo - fenomeno in crescita in quasi tutte le parti del mondo - può dunque essere un’occasione da non trascurare per far vedere quanto ha prodotto la comunità cristiana in un determinato territorio, fin dall’inizio della plantatio ecclesiae.

La testimonianza di socialità, di artisticità e di spiritualità dell’arte, in quanto segno documentario della religiosità degli uomini, dice apertura tra i popoli del mondo e diventa messaggio di liberazione per tutti gli uomini di buona volontà. Attraverso il linguaggio dell’arte si evoca l’Assoluto infrangendo il recinto della finitezza. Essa è dunque un bene che può anche avvicinare al cristianesimo in quanto «Ecclesiae catholicae nemo extraneus, nemo exclusus, nemo longinquus est» (Paolo VI, Omelia Negli splendori dell’Immacolata. Saluto ed augurio di Pietro a tutte le anime (8 dicembre 1965), in: Insegnamenti III (1965) p. 742-747).

 

 

7.   La formazione degli operatori suggerita dalla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa 

7.1.   La formazione dei candidati al sacerdozio 

Particolare importanza è la formazione ai candidati al sacerdozio in quanto sono i primi custodi del patrimonio storico-artistico, i responsabili dell’uso dei beni culturali nella progettazione pastorale, i committenti di nuovi beni necessari per lo svolgimento congruo e dignitoso della missione della Chiesa (cf Circolare A tutti i Vescovi del mondo sulla necessità di preparare i futuri sacerdoti alla cura dei beni culturali della Chiesa del 15 ottobre 1992 e Circolare A tutti i Presidenti delle Conferenze Episcopali per conoscere le iniziative promosse per la formazione dei candidati al sacerdozio ai beni culturali della Chiesa del 3 febbraio 1995).

Di fronte al consistente recupero del significato dei beni culturali e delle tradizioni popolari nella coscienza collettiva di tanti popoli, sarebbe inopportuno che corrispondesse una noncuranza delle Chiese particolari, le quali hanno incarnato costantemente il pensiero cristiano unitamente all’annuncio del Vangelo nei veicoli dell’arte ed hanno affidato la memoria della propria storia alla conservazione dei documenti che registravano l’azione ecclesiale. In tal senso è importante formare i candidati al sacerdozio alla salvaguardia, promozione e valorizzazione dei beni culturali nella loro sostanziale unità e complessità. Si tratta di imparare a riconoscere, discernere e usufruire dell’arte e della storia nell’azione pastorale.

La nostra Commissione non chiede di introdurre materie in più nei programmi già sovraccarichi degli studi, ma di trattare il più ampiamente possibile dell'arte nell'ambito dei corsi di liturgia, delle biblioteche nei corsi di storia della Chiesa, degli archivi ecclesiastici nei corsi di diritto canonico, ecc. al fine di far acquisire ai candidati al sacerdozio una mens culturale capace di fruire e di usufrire del patrimonio storico-artistico come bene ecclesiale. Molte Conferenze Episcopali hanno già introdotto nelle loro Ratio studiorum indicazioni precise al riguardo. Inoltre la Commissione ha promosso presso la Pontificia Università Gregoriana un Corso Superiore per i Beni Culturali della Chiesa che è già stato emulato da varie Istituzioni accademiche. 

 

7.2.   La formazione degli artisti  

Il Concilio Ecumenico, a cui hanno fatto seguito i magistrali interventi di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, ha perorato l’alleanza della Chiesa con gli artisti. Questa necessita di contatti capillari, incontri interdisciplinari, scambio di esperienze.

Il contatto capillare con gli artisti deve essere attuato con l'ausilio dei responsabili degli uffici diocesani competenti nel settore dei «beni culturali» e della liturgia. L'incontro interpersonale è infatti un modo importante per superare pregiudizi e per avviare la necessaria collaborazione al fine di produrre beni realmente ecclesiali, quanto al contenuto che deve essere spirituale e quanto alla forma che deve essere inculturabile. È pertanto necessario che i cultori dell’arte «si sentano riconosciuti dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità cristiana» (GS 62). 

L’interdisciplinarità è l’elemento peculiare nella formazione degli artisti dal momento che l’arte contemporanea ha elaborato linguaggi di difficile comprensione e molte volte individualistici, ha paventato spiritualità difformi dal credo cristiano e talora sincretiste, ha offerto componimenti estetici inidonei al culto ed alcune volte anche al sacro. L’artista, per elaborare nella bellezza delle forme la sacralità liturgica cristiana, non può ridursi ad esprimere il proprio sentimento religioso, ma deve conoscere le Scritture, la storia dell’arte cristiana, gli usi liturgici, le tradizioni culturali locali. Occorre pertanto una concertazione tra gli esperti dei vari settori quali l’architetto, il teologo, il liturgista, il pastoralista, i tecnici, ecc.

Lo scambio di esperienza con la comunità locale e con i suoi pastori è altrettanto fondamentale per non fare opere d’arte cristiana avulse dal contesto sociale ed estranee al sensus fidelium. Anche nelle Chiese povere e di recente evangelizzazione l’arte cristiana deve entrare in dialogo con la comunità locale ed accogliere in forma adeguata al genius loci.

 

7.3.   La formazione degli animatori 

Oltre alla formazione del clero e degli artisti è bene promuovere la formazione dei responsabili laici dei vari settori e degli animatori turistici affinché l’impegno profuso per i beni culturali della Chiesa sia il più possibile coordinato alla pastorale. 

I responsabili degli archivi, delle biblioteche, degli eventuali musei di arte e tradizioni cristiane, devono saper promuovere una cultura di ispirazione cristiana. Gli operatori turistici, che si interessano ai beni culturali della Chiesa, devono essere in grado di contestualizzare il discorso secondo finalità ecclesiali, affinché la fruizione di tali beni non si riduca al mero dato estetico, ma diventi strumento di catechesi e di annuncio evangelico, essendo il linguaggio dell'arte universale e intrinsecamente aperto al divino.

Per questo conviene, laddove è possibile, promuovere istituzioni di formazione alla tutela ed alla valorizzazione dei beni culturali della Chiesa come il sopracitato Corso Superiore della Pontificia Università Gregoriana. È inoltre opportuno organizzare convegni di studio su tematiche del settore per sensibilizzare a livello locale. Non va neppure dimenticato il contributo che possono offrire le istituzioni accademiche tanto ecclesiastiche quanto civili (cf Circolare A tutte le sedi universitarie cattoliche del mondo del 10 settembre 1994). 

 

8.   Conclusione 

La considerazione ecclesiale dei beni culturali della Chiesa ne evidenziare dunque la natura culturale, catechetica, cultuale, caritativa. Occorre inoltre ribadire la legittima autonomia della Chiesa nel raggiungere le proprie finalità rispettando le diverse legislazioni civili ed il valore culturale offerto a tutta la collettività dal patrimonio storico-artistico della Chiesa. Da questo deriva l’urgenza della conservazione al fine della valorizzazione nella collaborazione tra istituzioni ecclesiastiche e civili esplicantesi in intese tra poteri centrali e locali di entrambi le parti.

La nozione ecclesiale di conservazione dinamica è infatti all’insegna della valorizzazione che si attua in un contesto eminentemente pastorale secondo un rapporto di inculturazione e acculturazione. I beni culturali della Chiesa sono quindi beni vivi che utilizzano il ricco patrimonio storico-artistico, che si va raccogliendo di generazione in generazione, e si riproducono in misura delle insorgenti esigenze, forme culturali e possibilità esecutive. Le istituzioni competenti sono chiamate pertanto a sensibilizzare e formare la collettività all'utilizzazione di tali beni secondo le finalità che loro proprie. Da una parte dunque si deve attivare e disciplinare un’opera di inventariazione e catalogazione, dall’altra un’azione didattica volta a far riscoprire continuamente il patrimonio storico-artistico individuandone soprattutto l’animus che ha ispirato artisti e committenza. Inoltre si deve favorire un regime di continuità tra la memoria storica e il presente, non solo fruendo di quanto prodotto, ma anche favorendo nuove produzioni.

In riferimento al patrimonio storico-artistico si deve operare una congrua tutela che va dal restauro alla sicurezza, dove il restauro non museizza i complessi cultuali, dove la sicurezza, oltre ai mezzi tecnici, agli ordinamenti legislativi, alla vigilanza professionale, è soprattutto realizzata attraverso un maggiore senso di appartenenza di tale patrimonio all’intera collettività.

L'attuale contesto socio-politico-culturale porta ad impostare strategie in grado di far interagire in modo circolare poteri locali, nazionali e internazionali configurando fisionomicamente i vari livelli istituzionali al fine di evitare interferenze e inadempienze. Occorre per questo rendere più efficace la rete di relazioni interistituzionali senza disarticolare il quadro organico di coordinamento tra Istituzioni civili, Enti ecclesiastici, Organismi internazionali. 

La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa adempie pertanto ad un impegno di coordinamento e di animazione del settore dei beni culturali di pertinenza ecclesiastica individuando le insorgenti esigenze e stabilendo contatti con le istituzioni preposte e con gli operatori. 

                    

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